martedì 4 ottobre 2011

Emergenza carceri e legge Fini-Giovanardi sulle droghe: una riforma è urgente!



EMERGENZA CARCERI E LEGGE FINI-GIOVANARDI: dobbiamo agire subito!
Sinistra Ecologia Libertà si faccia protagonista di una grande battaglia di civiltà per emendare o cancellare la drammatica legge Fini-Giovanardi.
L’emergenza carceri in Italia è un drammatico argomento di cui non si parla adeguatamente. Saggiamente il Presidente della Repubblica,  Napolitano, ha appena espresso la vergogna a cui si espone l’Italia trattando così chi viene a trovarsi in una situazione di carcerazione, spesso per reati minori o semplicemente in attesa di giudizio. (quindi per la giurisprudenza, da innocente, essendo ogni accusato colpevole solo dopo i 3 gradi di giudizio). Pannella digiuna chiedendo un’amnistia che sappiamo già essere impossibile. In un’Italia in rovina non può non venire a mente la celebre frase di Voltaire sul grado di civiltà dei popoli che si rispecchia nelle condizioni e nel livello di vivibilità delle prigioni nazionali, ed oggi in Italia secondo l’associazione Antigone, che proprio di carceri si occupa, la situazione è quella illustrata drammaticamente poco più avanti in questo articolo. La prima cosa da fare per ridurre questo affollamento viene indirettamente indicata ad un certo punto del rapporto, con la frase da me sottolineata: il 37% delle persone in carcere sono lì per violazione della legge sulle droghe, cioè la criminale legge Fini-Giovanardi.        
Al momento ci sono nei penitenziari italiani ben 67.174 detenuti ma solo 45.551 posti letto. Spesso i 'ristretti' trascorrono quasi tutto il giorno in celle minuscole, in condizioni igieniche precarie e a temperature altissime.
Le docce, spesso, sono utopia. Si possono usare a turno e solo per pochi minuti, poche volte alla settimana. Nel rapporto Antigone si legge che la popolazione carceraria è aumentata del 50% dal 2007 al 2010 (da 44mila a 67mila persone) ma le risorse a disposizione sono calate da 3 miliardi e 95 milioni di euro a 2 miliardi 770 milioni.[1]
Un 37% di persone è in carcere per violazione della legge sulle droghe”
E terminiamo così la citazione dell’ottimo rapporto dell’associazione Antigone, con un altro dato:  Nel rapporto si legge che la popolazione carceraria è aumentata del 50% dal 2007 al 2010 (da 44mila a 67mila persone) ma le risorse a disposizione sono calate da 3 miliardi e 95 milioni di euro a 2 miliardi 770 milioni.
Bene, se guardiamo all’impennata di incarcerazioni dal 2007 al 2010, (e ancora non ci sono i dati ma sta avvenendo in maniera esponenziale, per cui per il 2011 aspettiamoci numeri ancora più alti) coincide perfettamente con l’avvento della Fini-Giovanardi. E se vogliamo dei dati che indichino qualcosa in questo senso, ci sono “Fuoriluogo” e il “Forum Droghe”[2] che ci forniscono dei dati che parlano da soli . Ed ecco cosa ci dicono:
L’impatto della legge antidroga sul carcere:
- “Aumentano gli ingressi in carcere per droga in rapporto al totale degli ingressi: dal 28% del 2006 al 31% del 2010”
- “Aumentano le denunce, specie per art.73 (detenzione ai fini di spaccio): da 33.056 nel 2006 a 39.053 nel 2010. Di queste più del 40% (16.030), sono per la cannabis”
Poiché la Fini-Giovanardi stabilisce delle quantità massime per ogni sostanza oltre le quali qualsiasi detenzione è considerata ai fini di “spaccio”, [3] basta possedere 2 spinelli (per l’hashish la dose massima è 0,5, uno spinello esattamente), o 2 dosi di eroina, o poche più di cocaina, o 2 pastiglie di estasi e si è accusati di “detenzione ai fini di spaccio”. Grazie anche a questi numeri, possiamo immaginare la macelleria sociale che sta provocando questa legge: quanti poveracci che non fanno male a nessuno richiusi in carceri sovraffollate, dove probabilmente verranno in contatto con mafiosi e spacciatori di professione. La legge Fini-Giovanardi è una legge fabbrica carcerati, deve essere almeno emendata al più presto, prima che le carceri scoppino, tra l’altro restituendo molti agenti a compiti più seri, come la lotta contro le mafie che ormai prosperano tanto al Nord quanto al Sud.  
Raddoppiano i detenuti presenti in carcere per l’art.73 (quindi per violazione della Fini-Giovanardi- ndr): 14.640 nel 2006 contro 27.294 nel 2010.”
Raddoppiano gli ingressi dei tossicodipendenti sul totale degli ingressi: dal 27% nel 2006 al 28,4% del 2010.
Ecco che balza evidente che per trovare una soluzione al problema del sovraffollamento almeno una riforma della legge Fini-Giovanardi sia necessaria, in attesa di avere un Parlamento che possa fare una nuova sulle droghe e sostanze psicotrope in generale, che sia completamente opposta all’impianto repressivo della Fini-Giovanardi, che legalizzi la cannabis e applichi politiche di prevenzione e riduzione del danno per le droghe.
Una riforma possibile della Fini-Giovanardi sarebbe quella di eliminare le dosi minime e rimettere al centro il concetto di uso personale, che può anche essere abuso, ma non è spaccio. Che consenta l’assoluzione quando non ci siano prove di spaccio (e che la cessione tra amici non sia considerata spaccio) e che inoltre faccia differenza tra il piccolo spacciatore di strada o poco più, dal mafioso che traffica in grandi quantità. Anche per questo è necessario non solo legalizzare, ma incentivare l’autocoltivazione: con numerosi milioni di italiani che usano cannabis, le mafie perderebbero miliardi e miliardi di euro se i consumatori di cannabis potessero autocoltivarsela o comprarla da amici che la coltivano, o in negozi appositi.      
E allora spetta a noi consapevoli, ai cittadini, ai comitati, all’associazionismo, ai movimenti, agli operatori del settore, a tutte le persone ragionevoli, e non chiuse da cieco furore ideologico, alla società civile e ai partiti, chiedere la modifica della Fini-Giovanardi: togliamo la quantità minima, e vediamo quali altri aspetti della legge si possano modificare in senso antiproibizionista. Spetta anche ad un dibattito collettivo scoprire come e a che obiettivi realisticamente puntare oggi, nel quadro politico attuale, se invece non sia più conveniente puntare aad una legge nuova direttamente ma temo che i tempi non siano maturi. Ma muoviamoci, perché quello che accade è scandaloso, una vergogna per tutti noi. Muoviamoci perché chi è in cella in attesa di giudizio perché magari  fermato con 5 grammi di hashish non può più aspettare, non é giusto che debba ancora aspettare e tanti altri siano destinati in futuro ad altrettanto, perché avere delle prigioni perlomeno dignitose e rispettose sempre della dignità umana è una pre-condizione di civiltà. Costruiamo un grande movimento, che unifichi su questo tema tutti coloro che aderiscono a questa istanza di civiltà, la società civile, le realtà sociali e politiche....ad una lotta doverosa, e che ha senz’altro possibilità di successo, visto che ormai non c’è più nessuno che possa negare la condizione disumana in cui si trovano le nostre carceri. Amnistie e indulti oltre ad essere operazioni dal respiro troppo breve a volte sono anche dannose, oltre ad essere troppo lontane da qualsiasi possibilità di realizzazione. Perciò operiamo in questa direzione, concentriamo gli sforzi su questa battaglia, concentriamoci sul possibile in una situazione di emergenza: chiediamo la modifica della Fini-Giovanardi, con l’abolizione delle quantità minime, riduzioni di pena, e possibilità di auto coltivazione. Per iniziare una battaglia simile é necessario che ci sia una realtà, un partito, credibile e autorevole che offre visibilità alla lotta e credo che non possa che essere Sinistra Ecololgia Libertà, già da tempo impegnata seriamente su entrambi i fronti, sia il problema carceri, sia antiproibizionismo per la cannabis e riduzione del danno per le droghe. Proviamoci! 
Paolo Gonzaga


[1] Fonte: http://www.clandestinoweb.com/sondaggi-da-tutto-il-mondo/972291-carceri-rapporto-antigone-aumentano-i-detenuti-e-diminuiscono-le-ri.html

[2] http://www.fuoriluogo.it


[3] In realtà meccanismo già bocciato dai referendum del 1993 con l’abolizione delle dosi minime previste dalla Craxi-Jervolino-Vassalli.

giovedì 22 settembre 2011

Vendola: «Quattro vecchi, maschi e rinc... sporcano la politica» - Corriere della Sera

La politica italiana, ma soprattutto il governo di Berlusconi, ci hanno fatto raggiungere livelli di indecenza a cui non eravamo mai arrivati. Oltre alla palese incapacità politica totale, Berlusconi mi sta facendo passare la voglia di seguire la politica italiana, con un Pd indeciso su tutto, in cui su ogni argomento sono presenti tutte le posizioni (es.nucleare: ci sono nuclearisti, anti-nuclearisti, "parzialmente" nuclearisti ecc.) e che soprattutto pare aver perso ogni radice di sinistra. Per fortuna che esiste Sinistra Ecologia Libertà (SEL)  e che si sta strutturando così da non essere più solo "il partito di Vendola", limite che si poteva notare precedentemente, ma un vero partito di sinistra, di una nuova sinistra che vede il precariato come la principale istanza nel mondo del lavoro, che rivendica seriamente il reddito di cittadinanza e un nuovo welfare, più ampio, moderno e inclusivo, l'ecologia come questione ormai centrale, la lotta alla finanza e alla speculazione, la legalizzazione della cannabis e politiche di riduzione del danno sulle droghe, abolendo la legge assassina Fini-Giovanardi, la difesa dei diritti dei lavoratori (SEL è stato l'unico partito ad essere stato vicini alla Fiom quando era sotto attacco da parte di tutti), la promozione dei diritti civili, la lotta alle mafie, una nuova moralità in politica, e un modello di politica partecipata.....Una sinistra nuova, del XXI secolo. Postiamo questo breve video di Nichi Vendola sulla situazione attuale politica che ci sembra molto indicativo.
Inoltre ricordiamo che il 1 Ottobre, SEL ha deciso di indire una grande manifestazione a Roma, contro il governo Berlusconi, per mandarlo a casa, contro le politiche neo-liberiste, di privatizzazioni e licenziamenti.
qui il link: http://www.sinistraecologialiberta.it/1ottobre2011/

Vendola: «Quattro vecchi, maschi e rinc... sporcano la politica» - Corriere della Sera


Paolo Gonzaga
iscritto Sel Zona 2

martedì 20 settembre 2011

Martelli e chiodi

“Se l’unico attrezzo che possiedi è un martello,
tutti i tuoi problemi tenderanno a prendere la forma di chiodi".
Abraham Maslov

domenica 18 settembre 2011

Commemto a Boeri sul Forum dei circoli del PD

Buon giorno, Stefano. Sono poco persuaso anch'io circa l'efficacia della convocazione del Forum dei circoli. E se è vero che il problema, come diceva Zavattini, sono le idee, punto cruciale di tali idee è la questione della partecipazione e delle forme di questa che si intendono sperimentare/praticare. Nella sinistra si sono praticate finora due gradi di partecipazione: le decisioni prese in virtù del posizionamento di élite; o quella delle consultazioni, delle audizioni, degli stati generali. Questo è insufficiente a gestire la situazione nuova che si è generata e francamente non mi interessa. Qualcuno tra voi, in Giunta, in Consiglio, magari la Benelli sa e parla di democrazia deliberativa? Ovvero di generazione di contesti di mutuo apprendimento? Le idee sulla partecipazione quali sono? Quelle del mero decentramento a CdZ con le loro piccole élite da tinello? Sono passati 100 giorni e non vedo né sento parole che prospettino una vision. Volete realizzare del mero "buon governo", a magari onesto? Questo è tutto (e sarebbe molto)? Perderete. Perderete il consenso che è solo in prestito, è bene ricordarlo. Bisogna fare altro. Il punto è che non si mette il vino nuovo nelle botti vecchie. Non parteciperò al Forum in cui si farà finta di ricevere legittimazione ascendente; bisogna rivoltare la piramide: in alto la base, in basso il vertice, come servizio di facilitazione e sintesi nell'ascolto attivo e nella restituzione di voice alle persone. Il resto è chiacchiericcio. Ti ringrazio per l'attenzione, Luigi

giovedì 8 settembre 2011

SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' CHIAMA ALLA PIAZZA IL 1 OTTOBRE A ROMA


Ora tocca noi, tutt@ in piazza il 1 ottobre

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L’abbiamo detto, l’abbiamo scritto molte volte: c’è un paese migliore, un’Italia che non si riconosce nei colpi di coda di questo regime e neppure nelle esitazioni di un’opposizione parlamentare che balbetta invece di dire, che esita invece di fare. C’è un paese migliore che non rassomiglia alla cartolina slabbrata e malinconica che Berlusconi propone ogni giorno dell’Italia.
Un paese che ha conosciuto i giorni felici di lotta per i referendum, che è sceso in piazza per difendere il diritto di dire dei giornalisti, le ragioni dei lavoratori, l’autonomia dei magistrati, la rabbia legittima dei precari, la dignità e il sapere degli studenti e dei loro insegnanti. Un paese che vuole costruire adesso un’alternativa di governo e di futuro, che non intende attendere rassegnato il corso delle cose. A quest’Italia vogliamo dare voce e fiato, il coraggio delle parole smarrite, la fermezza dei principi irrinunciabili. Adesso tocca a noi: e mai come adesso questa parola – “noi” – dev’essere l’impegno per una mobilitazione collettiva, vasta, popolare che vada ben oltre gli iscritti e i militanti del nostro partito.
La manifestazione che Sinistra Ecologia e Libertà convoca il primo ottobre a Roma, a piazza Navona, non sarà una liturgia ma un’occasione per far sentire la voce di un paese che non si è mai piegato al corso delle cose. Non si tratta solo di archiviare Berlusconi ma di rimettere in campo una filiera di pensieri lunghi, di proposte politiche, di valori alti che aprano una nuova stagione civile e morale per l’Italia. Dalla crisi si esce ricostruendo una pratica della politica che sappia redistribuire risorse, opportunità, diritti e doveri. Per questo vi chiediamo di esserci, di partecipare, di dare il vostro contributo per fare del primo ottobre una data d’inizio, il principio di un nuovo tempo della politica e della nostra vita.
Claudio Fava
articolo postato da Paolo Gonzaga, dal sito:
http://www.sinistraecologialiberta.it

giovedì 18 agosto 2011

Verso il default

Verso il default, questione di tempo

— 17 agosto 2011

di GUIDO VIALE

Gli alti e bassi, ma sostanzialmente bassi, dei cosiddetti mercati, ci fanno capire che nei prossimi anni, e per molto tempo ancora, non ci sarà alcune «crescita»: né in Italia (dove la manovra ha messo una pietra tombale su qualsiasi velleità di rilancio economico), né in Europa, Germania compresa: che sconterà presto il disastro a cui sta condannando metà dei suoi partner commerciali. Meno che mai negli Stati Uniti; di conseguenza soffrirà anche l’economia cinese, dove sostituire la domanda estera con quella interna non è così facile. Nemmeno il Brasile se la passerà più molto bene, mentre l’economia giapponese è scomparsa dai radar.

In Italia, e in molti altri paesi senza «crescita», il pareggio di bilancio diventerà irraggiungibile: anche ridurre la spesa pubblica non basta per colmare i deficit. Così gli interessi si accumulano, anno dopo anno, e il debito cresce, facendo aumentare a sua volta i tassi, e con essi il deficit. Anche se prescritto dalla Costituzione (con una norma che seppellisce tutto il pensiero economico originale del Novecento) il pareggio di bilancio diventa una chimera.

Per anni i titoli di Stato avevano offerto ai cosiddetti risparmiatori – cittadini che avevano un avanzo di reddito a disposizione – una specie di cassaforte dove mettere al sicuro il loro denaro. Ma da tempo, e soprattutto con la liberalizzazione dei mercati finanziari, quei titoli, ormai nelle mani di grandi operatori internazionali (compresi quelli che oggi gestiscono i fondi dei risparmiatori), sono stati trasformati in assets su cui lucrare, giorno per giorno, in base a variazioni dei rendimenti che chi quei titoli li ha emessi non può più controllare. Non è vero, come ci raccontano, che la spesa pubblica supera le entrate fiscali: in Italia non lo fa da tempo. Sono gli interessi accumulati ad aver portato il bilancio fuori controllo: è il meccanismo tipico dell’usura (quello dei famigerati cravattari); a cui gli Stati di quasi tutto il mondo si sono sottomessi: non per salvare se stessi, ma le banche e i fondi che detengono i loro titoli.

Tuttavia la crisi finanziaria non è che un risvolto di un meccanismo economico, quello dello sviluppo – che è poi l’accumulazione del capitale – che si è inceppato; perché è anch’esso a sua volta un risvolto della crisi ambientale: il pianeta Terra non è più in grado di sostenere con le sue risorse gli attuali flussi della produzione; e meno che mai i flussi di scarti e residui – a partire dalle emissioni che alterano il clima – che accompagnano inevitabilmente uno sviluppo guidato dal profitto. «L’età della pietra – diceva lo sceicco Yamani, già ministro del petrolio dell’Arabia Saudita – non è terminata per mancanza di pietre. Nemmeno l’era del petrolio terminerà per l’esaurimento del petrolio». Non lo farà, anche se le riserve tradizionali di petrolio sono agli sgoccioli: finirà perché il petrolio, e gli altri idrocarburi, saranno sostituiti da fonti rinnovabili ed efficienza energetica; oppure perché le loro emissioni avranno provocato disastri tali da rendere il pianeta inagibile e ogni ulteriore estrazione di idrocarburi impossibile o superflua.

Con il procedere della crisi, l’esito ineluttabile di uno Stato preso nella spirale di un debito insanabile come quello italiano è ciò che tutti dicono di voler evitare, ma che nessuno vuole prepararsi ad affrontare: il fallimento (default). Il problema non è il se, ma è solo il quando; e chi sarà a subirlo e chi a imporlo; e in che modo gestirlo. Il dibattito politico, se ci fosse, dovrebbe vertere su questo. Invece tutti parlano di rilanciare una crescita che non tornerà più; o che, se anche tornasse, sarà talmente stentata da non poter interrompere quella spirale infernale. Mentre si parla di “crescita” (ma di che cosa? dei saldi contabili per fare fronte al debito) qualcuno, anzi molti, si affrettano ad arraffare tutto, prima che non ci sia più niente da prendere. Proprio come i deprecati protagonisti delle rivolte inglesi; che sono al tempo stesso il prodotto di quel saccheggio e della cultura che la civiltà dei consumi e la pubblicità promuovono ogni giorno. Ma là non si tratta di rubare uno smartphone o un paio di sniker, ma di privatizzazioni, di questi tempi vere e proprie svendite; e dopo le pessime prove – in termini di tariffe e di efficienza – di tutte le privatizzazioni realizzate negli ultimi anni. E dopo che l’Italia, ma anche Berlino, ma anche Parigi, ma anche Bolivia ed Equador, si sono pronunciati contro le privatizzazioni: non solo dell’acqua, ma di tutti i servizi pubblici e i beni comuni.

Ma la democrazia è da tempo incompatibile con le esigenze dei mercati. Oggi più che mai. Poi tocca alle pensioni (quelle dei poveri), ai salari, al welfare, alla sanità, alla scuola all’occupazione, al posto fisso, alle finanze dei Comuni: gli unici enti che sono, o potrebbero essere, vicini ai governati. Ovviamente è un saccheggio pericoloso: in Grecia, in Spagna, in Portogallo, in Medio Oriente – per non parlare dell’Islanda: infatti nessuno ne parla perché la strada del default è stata imboccata per scelta; e senza grandi danni, se non per i banchieri finiti in galera – domani in Italia, lavoratori e cittadini sfruttati e taglieggiati potrebbero ribellarsi. E non è detto che lo facciano in forme gentili. Londra insegna.

Per fare fronte a questa eventualità – scrivono i corifei del saccheggio di Stato – ci vuole una vera leadership. Quella attuale non è all’altezza: tanto è vero che quella italiana – ma non solo quella – è stata commissariata. Ma anche quella europea, che ne ha assunto la tutela, lascia a desiderare. E nemmeno Obama naviga in buone acque. Mancano le idee e mancano gli uomini, scrive sul Corriere della Sera un alfiere del liberismo, Alberto Alesina, subito rincalzato dal suo gemello, Francesco Giavazzi, che solo tre giorni prima si era invece accontentato – su input del suo direttore – dell’«inventiva imprenditoriale» di Berlusconi. Ma di idee intanto non ne tirano fuori nemmeno una, se non la solita solfa: privatizzazioni, liberalizzazioni, tagli alla politica e alla spesa pubblica (continuano a pensare che la “crescita” sia una molla che scatta da sé); e di come e dove farle nascere non parlano nemmeno (non sarà certo la riforma Gelmini a produrre nuove idee; nemmeno quei due, che pure la esaltano, osano sostenerlo). In queste condizioni la leadership tanto invocata ha sempre di più l’aspetto di un “Uomo della Provvidenza”. Una débacle più sonora del pensiero unico liberista, che ha dominato un trentennio di disastri, e che ancora pretende di interpretare i tempi senza riuscire a comprenderli, non potrebbe esserci. Ma in questo vuoto di conoscenze (ambientali e sociali) e di pensiero strategico i rischi autoritari si moltiplicano.

Davanti a noi c’è un’altra strada; perché sedi dove si producono idee le abbiamo, anche se ancora gracili: sono i mille comitati di lotta, i centri sociali, i circoli culturali, le associazioni civiche, alcune riviste, molti blog, le associazioni studentesche, le pratiche alternative dei GAS, dei DES, delle reti di insegnanti, molte imprese sociali, alcune rappresentanze sindacali. Anche alcune idee importanti e condivise, nuove rispetto ai termini di un dibattito politico ormai sclerotizzato, ci sono. Sono quella dei “beni comuni”: da difendere dall’accaparramento privato e dalla gestione burocratica e corrotta degli organismi statuali attraverso forme di trasparenza integrale, di controllo dal basso e di gestione partecipata; e da estendere a tutte le risorse naturali indivisibili, ai servizi pubblici, ai saperi. E poi l’idea della territorializzazione dei rapporti economici: mercati agricoli e alimentari a chilometri zero; rapporti diretti con i fornitori che garantiscono qualità dei prodotti, dei processi e delle condizioni di lavoro; coinvolgimento di tutti gli stakeholder (lavoratori, utenti, amministrazioni locali, associazioni, centri di ricerca, imprese fornitrici e utilizzatrici) nella riconversione di produzioni in crisi, obsolete o dannose (a partire dalle armi: meno spese, meno consumo di risorse, meno guerre); e impegno in tutte le attività di salvaguardia dei territori e della loro vivibilità.

Di qui la convinzione che la salvezza non verrà dalla “crescita”, che significa ogni giorno di più devastazione del pianeta, delle condizioni di vita e dei rapporti sociali; e che i vincoli imposti dai mercati – dalle parità di bilancio agli aumenti di fatturato, dal rendimento dei bot agli andamenti delle borse – non sono totem a cui ci si debba piegare. Lungo questi filoni di pensiero, e dentro queste pratiche e questi organismi, può prendere forma e formarsi una nuova classe dirigente: una cittadinanza attiva che si metta in grado di esautorare e sostituire gli uomini che oggi sono al potere, in tutti gli ambiti e a tutti i livelli, sia negli organismi statali e amministrativi, che nelle imprese: quelle che hanno sostenuto per anni Berlusconi e che oggi vogliono far pagare il costo dei loro disastri a chi non ne ha mai condiviso le responsabilità, né avrebbe potuto farlo.

Ma può un movimento dal basso, fatto di organismi dispersi e pratiche differenti, governare e dirigere un processo di transizione di questa portata? Che per di più sta andando e andrà incontro a resistenze pesanti e reazioni violente? Certamente no. Nessuno, credo, prospetta una cosa simile. Ma le forze, le idee e la determinazione per intraprendere un percorso del genere non possono nascere in nessuna altra sede e in nessun altro modo. D’altronde non si tratta di processi isolati: le donne e gli uomini alla ricerca di un mondo diverso, che lo ritengono possibile, sono milioni in ogni parte della Terra. E se il processo avrà un seguito, anche molti spezzoni delle attuali classi dirigenti potranno separarsi dalla matrice in cui sono cresciute e forgiate; ma è un processo che può svilupparsi intorno a idee e sedi che oggi occorre ancora diffondere e consolidare.

domenica 14 agosto 2011

Scrive Mirko Mazzali
Il 15 insieme ai consiglieri Quartieri e Cappato e all'assessore De Cesaris ci rechiamo in visita a San Vittore. Non sara' una passerella, in carcere manca quasi tutto a partire dal sapone e carta igienica, nonostante lo sforzo della direttrice e di chi ci lavora. La promessa e' di non dimenticare cosa e' la detenzione.


Mazzali, finora vi siete occupati del debito e della politica finanziaria del Comune: bene. Quando discuterete del ripistino del garante dei diritti delle persone limitate bella libertà? Posi già tale domanda, senza ricevere risposta. Che lo stile di relazione, chiunque governi, sia il medesimo? Certo, come disse il marchese del Grillo, "io so' io e voi non siete un cazzo". Ma per ora la scommessa su di voi mostra appena una rima. Vediamo se riusciremo a corrispondere alla esigenza di interlocuzione