martedì 4 ottobre 2011

Emergenza carceri e legge Fini-Giovanardi sulle droghe: una riforma è urgente!



EMERGENZA CARCERI E LEGGE FINI-GIOVANARDI: dobbiamo agire subito!
Sinistra Ecologia Libertà si faccia protagonista di una grande battaglia di civiltà per emendare o cancellare la drammatica legge Fini-Giovanardi.
L’emergenza carceri in Italia è un drammatico argomento di cui non si parla adeguatamente. Saggiamente il Presidente della Repubblica,  Napolitano, ha appena espresso la vergogna a cui si espone l’Italia trattando così chi viene a trovarsi in una situazione di carcerazione, spesso per reati minori o semplicemente in attesa di giudizio. (quindi per la giurisprudenza, da innocente, essendo ogni accusato colpevole solo dopo i 3 gradi di giudizio). Pannella digiuna chiedendo un’amnistia che sappiamo già essere impossibile. In un’Italia in rovina non può non venire a mente la celebre frase di Voltaire sul grado di civiltà dei popoli che si rispecchia nelle condizioni e nel livello di vivibilità delle prigioni nazionali, ed oggi in Italia secondo l’associazione Antigone, che proprio di carceri si occupa, la situazione è quella illustrata drammaticamente poco più avanti in questo articolo. La prima cosa da fare per ridurre questo affollamento viene indirettamente indicata ad un certo punto del rapporto, con la frase da me sottolineata: il 37% delle persone in carcere sono lì per violazione della legge sulle droghe, cioè la criminale legge Fini-Giovanardi.        
Al momento ci sono nei penitenziari italiani ben 67.174 detenuti ma solo 45.551 posti letto. Spesso i 'ristretti' trascorrono quasi tutto il giorno in celle minuscole, in condizioni igieniche precarie e a temperature altissime.
Le docce, spesso, sono utopia. Si possono usare a turno e solo per pochi minuti, poche volte alla settimana. Nel rapporto Antigone si legge che la popolazione carceraria è aumentata del 50% dal 2007 al 2010 (da 44mila a 67mila persone) ma le risorse a disposizione sono calate da 3 miliardi e 95 milioni di euro a 2 miliardi 770 milioni.[1]
Un 37% di persone è in carcere per violazione della legge sulle droghe”
E terminiamo così la citazione dell’ottimo rapporto dell’associazione Antigone, con un altro dato:  Nel rapporto si legge che la popolazione carceraria è aumentata del 50% dal 2007 al 2010 (da 44mila a 67mila persone) ma le risorse a disposizione sono calate da 3 miliardi e 95 milioni di euro a 2 miliardi 770 milioni.
Bene, se guardiamo all’impennata di incarcerazioni dal 2007 al 2010, (e ancora non ci sono i dati ma sta avvenendo in maniera esponenziale, per cui per il 2011 aspettiamoci numeri ancora più alti) coincide perfettamente con l’avvento della Fini-Giovanardi. E se vogliamo dei dati che indichino qualcosa in questo senso, ci sono “Fuoriluogo” e il “Forum Droghe”[2] che ci forniscono dei dati che parlano da soli . Ed ecco cosa ci dicono:
L’impatto della legge antidroga sul carcere:
- “Aumentano gli ingressi in carcere per droga in rapporto al totale degli ingressi: dal 28% del 2006 al 31% del 2010”
- “Aumentano le denunce, specie per art.73 (detenzione ai fini di spaccio): da 33.056 nel 2006 a 39.053 nel 2010. Di queste più del 40% (16.030), sono per la cannabis”
Poiché la Fini-Giovanardi stabilisce delle quantità massime per ogni sostanza oltre le quali qualsiasi detenzione è considerata ai fini di “spaccio”, [3] basta possedere 2 spinelli (per l’hashish la dose massima è 0,5, uno spinello esattamente), o 2 dosi di eroina, o poche più di cocaina, o 2 pastiglie di estasi e si è accusati di “detenzione ai fini di spaccio”. Grazie anche a questi numeri, possiamo immaginare la macelleria sociale che sta provocando questa legge: quanti poveracci che non fanno male a nessuno richiusi in carceri sovraffollate, dove probabilmente verranno in contatto con mafiosi e spacciatori di professione. La legge Fini-Giovanardi è una legge fabbrica carcerati, deve essere almeno emendata al più presto, prima che le carceri scoppino, tra l’altro restituendo molti agenti a compiti più seri, come la lotta contro le mafie che ormai prosperano tanto al Nord quanto al Sud.  
Raddoppiano i detenuti presenti in carcere per l’art.73 (quindi per violazione della Fini-Giovanardi- ndr): 14.640 nel 2006 contro 27.294 nel 2010.”
Raddoppiano gli ingressi dei tossicodipendenti sul totale degli ingressi: dal 27% nel 2006 al 28,4% del 2010.
Ecco che balza evidente che per trovare una soluzione al problema del sovraffollamento almeno una riforma della legge Fini-Giovanardi sia necessaria, in attesa di avere un Parlamento che possa fare una nuova sulle droghe e sostanze psicotrope in generale, che sia completamente opposta all’impianto repressivo della Fini-Giovanardi, che legalizzi la cannabis e applichi politiche di prevenzione e riduzione del danno per le droghe.
Una riforma possibile della Fini-Giovanardi sarebbe quella di eliminare le dosi minime e rimettere al centro il concetto di uso personale, che può anche essere abuso, ma non è spaccio. Che consenta l’assoluzione quando non ci siano prove di spaccio (e che la cessione tra amici non sia considerata spaccio) e che inoltre faccia differenza tra il piccolo spacciatore di strada o poco più, dal mafioso che traffica in grandi quantità. Anche per questo è necessario non solo legalizzare, ma incentivare l’autocoltivazione: con numerosi milioni di italiani che usano cannabis, le mafie perderebbero miliardi e miliardi di euro se i consumatori di cannabis potessero autocoltivarsela o comprarla da amici che la coltivano, o in negozi appositi.      
E allora spetta a noi consapevoli, ai cittadini, ai comitati, all’associazionismo, ai movimenti, agli operatori del settore, a tutte le persone ragionevoli, e non chiuse da cieco furore ideologico, alla società civile e ai partiti, chiedere la modifica della Fini-Giovanardi: togliamo la quantità minima, e vediamo quali altri aspetti della legge si possano modificare in senso antiproibizionista. Spetta anche ad un dibattito collettivo scoprire come e a che obiettivi realisticamente puntare oggi, nel quadro politico attuale, se invece non sia più conveniente puntare aad una legge nuova direttamente ma temo che i tempi non siano maturi. Ma muoviamoci, perché quello che accade è scandaloso, una vergogna per tutti noi. Muoviamoci perché chi è in cella in attesa di giudizio perché magari  fermato con 5 grammi di hashish non può più aspettare, non é giusto che debba ancora aspettare e tanti altri siano destinati in futuro ad altrettanto, perché avere delle prigioni perlomeno dignitose e rispettose sempre della dignità umana è una pre-condizione di civiltà. Costruiamo un grande movimento, che unifichi su questo tema tutti coloro che aderiscono a questa istanza di civiltà, la società civile, le realtà sociali e politiche....ad una lotta doverosa, e che ha senz’altro possibilità di successo, visto che ormai non c’è più nessuno che possa negare la condizione disumana in cui si trovano le nostre carceri. Amnistie e indulti oltre ad essere operazioni dal respiro troppo breve a volte sono anche dannose, oltre ad essere troppo lontane da qualsiasi possibilità di realizzazione. Perciò operiamo in questa direzione, concentriamo gli sforzi su questa battaglia, concentriamoci sul possibile in una situazione di emergenza: chiediamo la modifica della Fini-Giovanardi, con l’abolizione delle quantità minime, riduzioni di pena, e possibilità di auto coltivazione. Per iniziare una battaglia simile é necessario che ci sia una realtà, un partito, credibile e autorevole che offre visibilità alla lotta e credo che non possa che essere Sinistra Ecololgia Libertà, già da tempo impegnata seriamente su entrambi i fronti, sia il problema carceri, sia antiproibizionismo per la cannabis e riduzione del danno per le droghe. Proviamoci! 
Paolo Gonzaga


[1] Fonte: http://www.clandestinoweb.com/sondaggi-da-tutto-il-mondo/972291-carceri-rapporto-antigone-aumentano-i-detenuti-e-diminuiscono-le-ri.html

[2] http://www.fuoriluogo.it


[3] In realtà meccanismo già bocciato dai referendum del 1993 con l’abolizione delle dosi minime previste dalla Craxi-Jervolino-Vassalli.

giovedì 22 settembre 2011

Vendola: «Quattro vecchi, maschi e rinc... sporcano la politica» - Corriere della Sera

La politica italiana, ma soprattutto il governo di Berlusconi, ci hanno fatto raggiungere livelli di indecenza a cui non eravamo mai arrivati. Oltre alla palese incapacità politica totale, Berlusconi mi sta facendo passare la voglia di seguire la politica italiana, con un Pd indeciso su tutto, in cui su ogni argomento sono presenti tutte le posizioni (es.nucleare: ci sono nuclearisti, anti-nuclearisti, "parzialmente" nuclearisti ecc.) e che soprattutto pare aver perso ogni radice di sinistra. Per fortuna che esiste Sinistra Ecologia Libertà (SEL)  e che si sta strutturando così da non essere più solo "il partito di Vendola", limite che si poteva notare precedentemente, ma un vero partito di sinistra, di una nuova sinistra che vede il precariato come la principale istanza nel mondo del lavoro, che rivendica seriamente il reddito di cittadinanza e un nuovo welfare, più ampio, moderno e inclusivo, l'ecologia come questione ormai centrale, la lotta alla finanza e alla speculazione, la legalizzazione della cannabis e politiche di riduzione del danno sulle droghe, abolendo la legge assassina Fini-Giovanardi, la difesa dei diritti dei lavoratori (SEL è stato l'unico partito ad essere stato vicini alla Fiom quando era sotto attacco da parte di tutti), la promozione dei diritti civili, la lotta alle mafie, una nuova moralità in politica, e un modello di politica partecipata.....Una sinistra nuova, del XXI secolo. Postiamo questo breve video di Nichi Vendola sulla situazione attuale politica che ci sembra molto indicativo.
Inoltre ricordiamo che il 1 Ottobre, SEL ha deciso di indire una grande manifestazione a Roma, contro il governo Berlusconi, per mandarlo a casa, contro le politiche neo-liberiste, di privatizzazioni e licenziamenti.
qui il link: http://www.sinistraecologialiberta.it/1ottobre2011/

Vendola: «Quattro vecchi, maschi e rinc... sporcano la politica» - Corriere della Sera


Paolo Gonzaga
iscritto Sel Zona 2

martedì 20 settembre 2011

Martelli e chiodi

“Se l’unico attrezzo che possiedi è un martello,
tutti i tuoi problemi tenderanno a prendere la forma di chiodi".
Abraham Maslov

domenica 18 settembre 2011

Commemto a Boeri sul Forum dei circoli del PD

Buon giorno, Stefano. Sono poco persuaso anch'io circa l'efficacia della convocazione del Forum dei circoli. E se è vero che il problema, come diceva Zavattini, sono le idee, punto cruciale di tali idee è la questione della partecipazione e delle forme di questa che si intendono sperimentare/praticare. Nella sinistra si sono praticate finora due gradi di partecipazione: le decisioni prese in virtù del posizionamento di élite; o quella delle consultazioni, delle audizioni, degli stati generali. Questo è insufficiente a gestire la situazione nuova che si è generata e francamente non mi interessa. Qualcuno tra voi, in Giunta, in Consiglio, magari la Benelli sa e parla di democrazia deliberativa? Ovvero di generazione di contesti di mutuo apprendimento? Le idee sulla partecipazione quali sono? Quelle del mero decentramento a CdZ con le loro piccole élite da tinello? Sono passati 100 giorni e non vedo né sento parole che prospettino una vision. Volete realizzare del mero "buon governo", a magari onesto? Questo è tutto (e sarebbe molto)? Perderete. Perderete il consenso che è solo in prestito, è bene ricordarlo. Bisogna fare altro. Il punto è che non si mette il vino nuovo nelle botti vecchie. Non parteciperò al Forum in cui si farà finta di ricevere legittimazione ascendente; bisogna rivoltare la piramide: in alto la base, in basso il vertice, come servizio di facilitazione e sintesi nell'ascolto attivo e nella restituzione di voice alle persone. Il resto è chiacchiericcio. Ti ringrazio per l'attenzione, Luigi

giovedì 8 settembre 2011

SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' CHIAMA ALLA PIAZZA IL 1 OTTOBRE A ROMA


Ora tocca noi, tutt@ in piazza il 1 ottobre

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L’abbiamo detto, l’abbiamo scritto molte volte: c’è un paese migliore, un’Italia che non si riconosce nei colpi di coda di questo regime e neppure nelle esitazioni di un’opposizione parlamentare che balbetta invece di dire, che esita invece di fare. C’è un paese migliore che non rassomiglia alla cartolina slabbrata e malinconica che Berlusconi propone ogni giorno dell’Italia.
Un paese che ha conosciuto i giorni felici di lotta per i referendum, che è sceso in piazza per difendere il diritto di dire dei giornalisti, le ragioni dei lavoratori, l’autonomia dei magistrati, la rabbia legittima dei precari, la dignità e il sapere degli studenti e dei loro insegnanti. Un paese che vuole costruire adesso un’alternativa di governo e di futuro, che non intende attendere rassegnato il corso delle cose. A quest’Italia vogliamo dare voce e fiato, il coraggio delle parole smarrite, la fermezza dei principi irrinunciabili. Adesso tocca a noi: e mai come adesso questa parola – “noi” – dev’essere l’impegno per una mobilitazione collettiva, vasta, popolare che vada ben oltre gli iscritti e i militanti del nostro partito.
La manifestazione che Sinistra Ecologia e Libertà convoca il primo ottobre a Roma, a piazza Navona, non sarà una liturgia ma un’occasione per far sentire la voce di un paese che non si è mai piegato al corso delle cose. Non si tratta solo di archiviare Berlusconi ma di rimettere in campo una filiera di pensieri lunghi, di proposte politiche, di valori alti che aprano una nuova stagione civile e morale per l’Italia. Dalla crisi si esce ricostruendo una pratica della politica che sappia redistribuire risorse, opportunità, diritti e doveri. Per questo vi chiediamo di esserci, di partecipare, di dare il vostro contributo per fare del primo ottobre una data d’inizio, il principio di un nuovo tempo della politica e della nostra vita.
Claudio Fava
articolo postato da Paolo Gonzaga, dal sito:
http://www.sinistraecologialiberta.it

giovedì 18 agosto 2011

Verso il default

Verso il default, questione di tempo

— 17 agosto 2011

di GUIDO VIALE

Gli alti e bassi, ma sostanzialmente bassi, dei cosiddetti mercati, ci fanno capire che nei prossimi anni, e per molto tempo ancora, non ci sarà alcune «crescita»: né in Italia (dove la manovra ha messo una pietra tombale su qualsiasi velleità di rilancio economico), né in Europa, Germania compresa: che sconterà presto il disastro a cui sta condannando metà dei suoi partner commerciali. Meno che mai negli Stati Uniti; di conseguenza soffrirà anche l’economia cinese, dove sostituire la domanda estera con quella interna non è così facile. Nemmeno il Brasile se la passerà più molto bene, mentre l’economia giapponese è scomparsa dai radar.

In Italia, e in molti altri paesi senza «crescita», il pareggio di bilancio diventerà irraggiungibile: anche ridurre la spesa pubblica non basta per colmare i deficit. Così gli interessi si accumulano, anno dopo anno, e il debito cresce, facendo aumentare a sua volta i tassi, e con essi il deficit. Anche se prescritto dalla Costituzione (con una norma che seppellisce tutto il pensiero economico originale del Novecento) il pareggio di bilancio diventa una chimera.

Per anni i titoli di Stato avevano offerto ai cosiddetti risparmiatori – cittadini che avevano un avanzo di reddito a disposizione – una specie di cassaforte dove mettere al sicuro il loro denaro. Ma da tempo, e soprattutto con la liberalizzazione dei mercati finanziari, quei titoli, ormai nelle mani di grandi operatori internazionali (compresi quelli che oggi gestiscono i fondi dei risparmiatori), sono stati trasformati in assets su cui lucrare, giorno per giorno, in base a variazioni dei rendimenti che chi quei titoli li ha emessi non può più controllare. Non è vero, come ci raccontano, che la spesa pubblica supera le entrate fiscali: in Italia non lo fa da tempo. Sono gli interessi accumulati ad aver portato il bilancio fuori controllo: è il meccanismo tipico dell’usura (quello dei famigerati cravattari); a cui gli Stati di quasi tutto il mondo si sono sottomessi: non per salvare se stessi, ma le banche e i fondi che detengono i loro titoli.

Tuttavia la crisi finanziaria non è che un risvolto di un meccanismo economico, quello dello sviluppo – che è poi l’accumulazione del capitale – che si è inceppato; perché è anch’esso a sua volta un risvolto della crisi ambientale: il pianeta Terra non è più in grado di sostenere con le sue risorse gli attuali flussi della produzione; e meno che mai i flussi di scarti e residui – a partire dalle emissioni che alterano il clima – che accompagnano inevitabilmente uno sviluppo guidato dal profitto. «L’età della pietra – diceva lo sceicco Yamani, già ministro del petrolio dell’Arabia Saudita – non è terminata per mancanza di pietre. Nemmeno l’era del petrolio terminerà per l’esaurimento del petrolio». Non lo farà, anche se le riserve tradizionali di petrolio sono agli sgoccioli: finirà perché il petrolio, e gli altri idrocarburi, saranno sostituiti da fonti rinnovabili ed efficienza energetica; oppure perché le loro emissioni avranno provocato disastri tali da rendere il pianeta inagibile e ogni ulteriore estrazione di idrocarburi impossibile o superflua.

Con il procedere della crisi, l’esito ineluttabile di uno Stato preso nella spirale di un debito insanabile come quello italiano è ciò che tutti dicono di voler evitare, ma che nessuno vuole prepararsi ad affrontare: il fallimento (default). Il problema non è il se, ma è solo il quando; e chi sarà a subirlo e chi a imporlo; e in che modo gestirlo. Il dibattito politico, se ci fosse, dovrebbe vertere su questo. Invece tutti parlano di rilanciare una crescita che non tornerà più; o che, se anche tornasse, sarà talmente stentata da non poter interrompere quella spirale infernale. Mentre si parla di “crescita” (ma di che cosa? dei saldi contabili per fare fronte al debito) qualcuno, anzi molti, si affrettano ad arraffare tutto, prima che non ci sia più niente da prendere. Proprio come i deprecati protagonisti delle rivolte inglesi; che sono al tempo stesso il prodotto di quel saccheggio e della cultura che la civiltà dei consumi e la pubblicità promuovono ogni giorno. Ma là non si tratta di rubare uno smartphone o un paio di sniker, ma di privatizzazioni, di questi tempi vere e proprie svendite; e dopo le pessime prove – in termini di tariffe e di efficienza – di tutte le privatizzazioni realizzate negli ultimi anni. E dopo che l’Italia, ma anche Berlino, ma anche Parigi, ma anche Bolivia ed Equador, si sono pronunciati contro le privatizzazioni: non solo dell’acqua, ma di tutti i servizi pubblici e i beni comuni.

Ma la democrazia è da tempo incompatibile con le esigenze dei mercati. Oggi più che mai. Poi tocca alle pensioni (quelle dei poveri), ai salari, al welfare, alla sanità, alla scuola all’occupazione, al posto fisso, alle finanze dei Comuni: gli unici enti che sono, o potrebbero essere, vicini ai governati. Ovviamente è un saccheggio pericoloso: in Grecia, in Spagna, in Portogallo, in Medio Oriente – per non parlare dell’Islanda: infatti nessuno ne parla perché la strada del default è stata imboccata per scelta; e senza grandi danni, se non per i banchieri finiti in galera – domani in Italia, lavoratori e cittadini sfruttati e taglieggiati potrebbero ribellarsi. E non è detto che lo facciano in forme gentili. Londra insegna.

Per fare fronte a questa eventualità – scrivono i corifei del saccheggio di Stato – ci vuole una vera leadership. Quella attuale non è all’altezza: tanto è vero che quella italiana – ma non solo quella – è stata commissariata. Ma anche quella europea, che ne ha assunto la tutela, lascia a desiderare. E nemmeno Obama naviga in buone acque. Mancano le idee e mancano gli uomini, scrive sul Corriere della Sera un alfiere del liberismo, Alberto Alesina, subito rincalzato dal suo gemello, Francesco Giavazzi, che solo tre giorni prima si era invece accontentato – su input del suo direttore – dell’«inventiva imprenditoriale» di Berlusconi. Ma di idee intanto non ne tirano fuori nemmeno una, se non la solita solfa: privatizzazioni, liberalizzazioni, tagli alla politica e alla spesa pubblica (continuano a pensare che la “crescita” sia una molla che scatta da sé); e di come e dove farle nascere non parlano nemmeno (non sarà certo la riforma Gelmini a produrre nuove idee; nemmeno quei due, che pure la esaltano, osano sostenerlo). In queste condizioni la leadership tanto invocata ha sempre di più l’aspetto di un “Uomo della Provvidenza”. Una débacle più sonora del pensiero unico liberista, che ha dominato un trentennio di disastri, e che ancora pretende di interpretare i tempi senza riuscire a comprenderli, non potrebbe esserci. Ma in questo vuoto di conoscenze (ambientali e sociali) e di pensiero strategico i rischi autoritari si moltiplicano.

Davanti a noi c’è un’altra strada; perché sedi dove si producono idee le abbiamo, anche se ancora gracili: sono i mille comitati di lotta, i centri sociali, i circoli culturali, le associazioni civiche, alcune riviste, molti blog, le associazioni studentesche, le pratiche alternative dei GAS, dei DES, delle reti di insegnanti, molte imprese sociali, alcune rappresentanze sindacali. Anche alcune idee importanti e condivise, nuove rispetto ai termini di un dibattito politico ormai sclerotizzato, ci sono. Sono quella dei “beni comuni”: da difendere dall’accaparramento privato e dalla gestione burocratica e corrotta degli organismi statuali attraverso forme di trasparenza integrale, di controllo dal basso e di gestione partecipata; e da estendere a tutte le risorse naturali indivisibili, ai servizi pubblici, ai saperi. E poi l’idea della territorializzazione dei rapporti economici: mercati agricoli e alimentari a chilometri zero; rapporti diretti con i fornitori che garantiscono qualità dei prodotti, dei processi e delle condizioni di lavoro; coinvolgimento di tutti gli stakeholder (lavoratori, utenti, amministrazioni locali, associazioni, centri di ricerca, imprese fornitrici e utilizzatrici) nella riconversione di produzioni in crisi, obsolete o dannose (a partire dalle armi: meno spese, meno consumo di risorse, meno guerre); e impegno in tutte le attività di salvaguardia dei territori e della loro vivibilità.

Di qui la convinzione che la salvezza non verrà dalla “crescita”, che significa ogni giorno di più devastazione del pianeta, delle condizioni di vita e dei rapporti sociali; e che i vincoli imposti dai mercati – dalle parità di bilancio agli aumenti di fatturato, dal rendimento dei bot agli andamenti delle borse – non sono totem a cui ci si debba piegare. Lungo questi filoni di pensiero, e dentro queste pratiche e questi organismi, può prendere forma e formarsi una nuova classe dirigente: una cittadinanza attiva che si metta in grado di esautorare e sostituire gli uomini che oggi sono al potere, in tutti gli ambiti e a tutti i livelli, sia negli organismi statali e amministrativi, che nelle imprese: quelle che hanno sostenuto per anni Berlusconi e che oggi vogliono far pagare il costo dei loro disastri a chi non ne ha mai condiviso le responsabilità, né avrebbe potuto farlo.

Ma può un movimento dal basso, fatto di organismi dispersi e pratiche differenti, governare e dirigere un processo di transizione di questa portata? Che per di più sta andando e andrà incontro a resistenze pesanti e reazioni violente? Certamente no. Nessuno, credo, prospetta una cosa simile. Ma le forze, le idee e la determinazione per intraprendere un percorso del genere non possono nascere in nessuna altra sede e in nessun altro modo. D’altronde non si tratta di processi isolati: le donne e gli uomini alla ricerca di un mondo diverso, che lo ritengono possibile, sono milioni in ogni parte della Terra. E se il processo avrà un seguito, anche molti spezzoni delle attuali classi dirigenti potranno separarsi dalla matrice in cui sono cresciute e forgiate; ma è un processo che può svilupparsi intorno a idee e sedi che oggi occorre ancora diffondere e consolidare.

domenica 14 agosto 2011

Scrive Mirko Mazzali
Il 15 insieme ai consiglieri Quartieri e Cappato e all'assessore De Cesaris ci rechiamo in visita a San Vittore. Non sara' una passerella, in carcere manca quasi tutto a partire dal sapone e carta igienica, nonostante lo sforzo della direttrice e di chi ci lavora. La promessa e' di non dimenticare cosa e' la detenzione.


Mazzali, finora vi siete occupati del debito e della politica finanziaria del Comune: bene. Quando discuterete del ripistino del garante dei diritti delle persone limitate bella libertà? Posi già tale domanda, senza ricevere risposta. Che lo stile di relazione, chiunque governi, sia il medesimo? Certo, come disse il marchese del Grillo, "io so' io e voi non siete un cazzo". Ma per ora la scommessa su di voi mostra appena una rima. Vediamo se riusciremo a corrispondere alla esigenza di interlocuzione

sabato 13 agosto 2011

Tredicesima tedecimata

l'argomento della non erogazione delle tredicesime è critico, soprattutto per l'introduzione del principio in base al quale chi non è
responsabile delle scelte paga per gli errori altrui. Dire che i
dipendenti delle amministrazioni pubbliche che non rispettano i vincoli di bilancio pagheranno le conseguenze con il taglio della propria tredicesima è dire che qualcuno sbaglia e altri pagano (in questo caso, presumibilmente, insieme ai responsabili). Una meravigliosa inversione del principio di responsabilità. E ho detto tutto

martedì 2 agosto 2011

SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' E TUTTI GLI ANTI-FASCISTI NON DIMENTICANO!

Oggi, anniversario della strage fascista e di Stato dell'Agosto 1980, avvenuta alla Stazione di Bologna, penso sia doveroso ricordarla, omaggiando tutte vittime e stringendoci attorno al Comitato dei parenti delle vittime di questa ennesima e infame strage di cui tutt'oggi sono ignoti i mandanti. Sì la manovalanza fascista é stata condannata, ma chi gli ha ordinato di metter,e quella bomba? E perché proprio alla Stazione di Bologna? Con quali obiettivi politici? Lo Stato italiano deve aprire gli archivi, troppi sono i segreti che caratterizzano tutto il dopoguerra fino ad oggi. Vogliamo giustizia e verità! Perché noi non dimentichiamo!
Paolo Gonzaga

Dal sito di Sinistra Ecologia Libertà: http://www.sinistraecologialiberta.it

2 agosto 1980, non dimentichiamo

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Stazione di Bologna, 2 agosto 1980, ore 10,25, sala d’aspetto di 2ª classe, una bomba composta da una miscela di tritolo e T4 contenuta in una valigia abbandonata esplode, cambiando il destino di ottantacinque persone, uccise dall’arroganza del Potere. Questa è la strage di Bologna, una strage di Stato, dai contorni torbidi. I tribunali condannarono in via definitiva, come diretti esecutori della strage, i tre neofascisti Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, ma senza individuare con chiarezza i mandanti.
Una vergogna, che ancora oggi, in forme diverse, vuole eliminare dalla memoria del Paese quelle vittime. Vittime innocenti che vanno ricordate. Ricordare è un dovere, e lo è ancora di più quando, sia le “istituzioni” che “l’informazione” decidono che non è più il tempo di farlo. Anche quest’anno – il secondo consecutivo – il Governo ha deciso di non mandare nessun proprio rappresentante alla commemorazione che si terrà martedì a Bologna. L’assenza dello Stato è un silenzio assordante che colpisce la coscienza, la dignità e la sete di giustizia dei familiari delle vittime.
Noi non dimentichiamo quella tragica vicenda, noi non dimentichiamo quel silenzio che il Potere impone, noi non dimentichiamo quelle vittime di Stato.
Andrea Sironi


Ancora sul vino nuovo nelle botti vecchie. Sull'invito di Paolo Limonta

Colgo l'occasione del complesso testo che segue l'invito,per focalizzare una criticità che sembra essere elusa dal dibattito e dall'attenzione della Giunta e del Consiglio:

mondando il testo degli aspetti di giudizio, si pone la questione delle forme di partecipazione che da una parte ha visto e vede l'attenzione di molti cittadini farsi organizzazione informale, dall'altra risponde con le vecchie e consumnte modlaità consultive o negoziali.

Qualunque contenuto, su cui è certo lecito dibattere, non potrà eludere tale punto aperto dall'accensione della speranza della restituzione di dignità e riconoscimento a ciascuno e quindi della "voice" che, se la situazione non vedrà altra prospettiva di quella della "partecipazione" di cittadini che assistono ai Consigli di Zona o ai Consigli comunali, è destinata a scemare e a produrre delusione.

Non ci si può avvicinare al potere per poi delegarlo secondo le mere forme conosciute: se così fosse, il nostro paese, ma in generale le democrazie che conosciamo, non sarebbero nella crisi di rappresentanza e di deliberazione che vediamo.

Non basta che Pisapia sia Sindaco per soddisfare tale esigenza: è necessario sperimentare forme di democrazia deliberativa e dialogica nuove.

Non si mette il vino nuovo nelle botti vecchie.

sabato 30 luglio 2011

Conflitti a via Padova


Milano via Padova maxi rissa tra bande di latinos e nordafricani: chissà se Mazzali terrà presente la proposta di mediazione dialogica offerta per gestire tali criticità, già offerta nell'Officina di Pisapia prima delle elezioni. Si resta in vigile attesa...
L. Colaianni

La destra nemica dell'ambiente



La prossima battaglia della destra? Negare il riscaldamento globale

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A volte per conoscere in anticipo cosa farà il centrodestra è utile leggere quanto si scrive su giornali e blog apparentemente non legati a quella parte politica. Tra le migliori fonti in questo insieme variopinto di commentatori “intelligenti”, “moderati” e “terzisti” c’è TheFrontpage.it, il blog (in realtà un vero e proprio giornale) di Fabrizio Rondolino e Claudio Velardi, già dalemiani ma da tempo passati ad una presunta neutralità: per uno dei due consiste nel curare le campagne elettorali dei candidati del Pdl, mentre per l’altro si traduce nel fare l’opinionista per “il Giornale”.
Da qualche tempo su TheFrontPage, nella categoria “Scienza e Tecnologia”, si possono leggere articoli con titoli come questi: “Congelati o arrostiti, dovete morì!”, “Verdi come i dollari”, “L’uomo che inventò l’eco-catastrofismo” tutti firmati con lo pseudonimo Portoreale (ma come vedremo di reale c’è ben poco).
La tesi è sempre la stessa: il cambiamento climatico non esiste, se esiste non porterà catastrofi e soprattutto non è causato dall’uomo; chi lo afferma lo fa per guadagnarci e fa parte della Climate Change Inc., la quale complessivamente muoverebbe più denaro che l’industria del petrolio (sic!). A capo di tutto c’è Al Gore.
Ma davvero il global warming è una bufala, come sostengono Velardi e Rondolino? Purtroppo per noi, no. Si tratta invece di una evidenza scientifica supportata da dati, ricerche, modelli, verificabile da chiunque. La scienza da alcuni anni ha accertato che ormai vanno considerati fatti: 1) il riscaldamento globale esiste; 2) esso è in larga parte dovuto all’attività umana; 3) esso comporta cambiamenti climatici misurabili e documentabili che possono condurre a catastrofi.
Gli articoli di TheFrontPage, invece, riprendono siti e blog (in gran parte americani, come Climate Change Hoax) che negano queste tesi. Non si tratta di documenti scientifici, quanto invece di qualcosa che, per linguaggio e metodo, rassomiglia molto all’arcipelago dei siti “complottisti” sull’11 settembre. La coincidenza è sconcertante: si attaccano i sostenitori del global warming antropico sul piano personale, accusandoli di guadagnarci; si insinua che essi sono parte di un complotto internazionale; si fa leva sui fatti ancora non spiegati o dubbi per affermare che l’intero impianto teorico, comprese le sue conseguenze, è fallace (che è un po’ come dire che il Modello standard della fisica quantistica è una bufala solo perché non è ancora stato scoperto il bosone di Higgs o perché esiste anche la teoria delle stringhe); si contrappongono le diverse modellizzazioni per concludere che, poiché in contraddizione su alcuni aspetti, sarebbero tutte false, il che equivale ad affermare che, siccome la Relatività generale è diversa dalla gravità newtoniana, allora sono sbagliate entrambe (mentre sono entrambe “vere” sia pure con gradi di approssimazione differenti). Nei casi più gravi si presentano dati falsi a sostegno della propria tesi negazionista.
La parte più divertente del negazionismo climatico riguarda i finanziamenti alle ricerche. Poiché – si sostiene – il catastrofismo fa molto parlare di sé, esso attrae finanziamenti pubblici e privati più facilmente di quegli studi che tendono a ridimensionare la portata dell’intervento umano nei cambiamenti climatici e dei cambiamenti stessi. Il fatto divertente è che i pochi studi di questo genere hanno attratto eccome investimenti: quelli dei petrolieri, ed in particolare della EXXonMobil. Studi che, ovviamente, la comunità scientifica ha respinto perché farlocchi. Diffondere il dubbio su una tesi scientifica comunemente accettata è il modo che hanno le industrie di mitigare i limiti che i politici potrebbero imporre alle emissioni. E’ esattamente lo stesso metodo usato per contestare la pericolosità del tabacco: anche in quel caso le industrie finanziarono studi di parte il cui esito era scritto già prima di iniziare la ricerca.
Tutto ricorda da vicino – troppo da vicino – le strampalate tesi degli antievoluzionisti. Non pare quindi un caso che il Paese dove più alta è la percentuale di scettici (tra la gente comune), in entrambi i casi, sono gli Stati Uniti.
Tanto per avere un’idea di quanto l’ACC (Anthropogenic Climate Change) è condiviso nel mondo scientifico, basti pensare che tutte – sottolineo: tutte – le accademie scientifiche nazionali sostengono la sua fondatezza scientifica. Tra queste, anche quelle dei Paesi del G8, più quelle dei paesi BRIC (Brasile-India-Cina), ovvero le nazioni responsabili della quasi totalità delle emissioni dei gas serra, principale causa del riscaldamento globale. Questa adesione all’ACC, iniziata ormai da decenni, è stata confermata e si è ampliata ogni volta in occasioni degli innumerevoli e infruttuosi vertici governativi sul clima ed ha trovato la massima espressione nell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) . Ogni volta le accademie nazionali hanno evidenziato che le più recenti ricerche hanno sempre confermato l’esistenza e la pericolosità dell’ACC. Lo stesso dicasi per tutti – e sottolineo tutti – gli organismi internazionali che raccolgono gli istituti di ricerca scientifica nel mondo o nei singoli continenti. E, ancora, uno studio comparativo sulle riviste scientifiche mondiali, condotto su quasi 1000 paper tra il 1993 e il 2003 ha concluso che latotalità dei testi pubblicati, quindi sottoposti al peer review, conferma o dà per acquisito il riscaldamento globale di origine antropica. Al limite, alcuni paper differiscono per “tempo e modo” di questa influenza o mettono in dubbio alcuni aspetti specifici dei modelli climatici. Nessuno però mette in dubbio la spiegazione corrente in quanto tale. Per usare le parole della Royal Society del Regno Unito: “C’è una forte evidenza che il riscaldamento globale dell’ultimo mezzo secolo è stato causato in larga parte dall’attività umana, come la combustione dei combustibili fossili e il cambiamento nell’uso dei terreni, inclusa l’agricoltura e la deforestazione”.
Anche se il paragone è improprio, è comunque significativo notare come l’ACC goda di un consenso scientifico persino superiore a quello dell’interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica. Gli unici organismi che negano l’ACC sono i think thank legati al partito repubblicano e all’area conservatrice negli USA, dai nomi piuttosto eloquenti come “American Enterprise Institute” e “Competitive Enterprise Institute”, che spesso fanno leva sulle opinioni personali dei pochissimi scienziati negazionisti. Si tratta normalmente di ricercatori in pensione che non compiono più studi da tempo, autori di articoli senza reali basi scientifiche che non passerebbero il vaglio preliminare prima della pubblicazione su una rivista scientifica. Si parva licet, il caso ricorda un po’ gli ormai scomparsi negazionisti della meccanica quantistica che si appellavano allo scetticismo di Einstein sull’argomento. Solo che qui non c’è di mezzo la sorte del povero gatto di Schrödinger ma quella del genere umano.
Del resto tutte le teorie scientifiche hanno trovato nel corso della loro storia qualche illustre contrario. Gordon MacDonald , consigliere scientifico di Johnson e Nixon, ha negato la tettonica a zolle fino alla sua morte, avvenuta nel 2002. Solo che nessuno gli ha mai – giustamente – dato ascolto. Nel caso del clima (e purtroppo anche in quello dell’evoluzionismo) invece l’opinione pubblica è stata convinta che c’è un acceso dibattito tra gli scienziati circa la responsabilità dell’uomo nei cambiamenti climatici. La risposta è, semplicemente, no: tutti accettano che questa sia la spiegazione che supera le altre possibili, secondo le conoscenze attuali. Il dibattito riguarda i particolari, non il quadro generale, e nel tempo si fa sempre meno intenso con il perfezionamento dei modelli e delle rilevazioni che stanno confermando quanto sia importante (e urgente) fermare l’emissione di gas serra e la deforestazione.
Certo questo non significa che il dibattito tra gli scienziati sul clima non esiste. C’è chi considera certa o almeno molto probabile la preponderanza dell’ACC rispetto ad altri fattori e chi svolge ricerche tentando di trovare fattori più importanti. Non è una novità. Per come funziona la scienza il dibattito non si chiude mai, perché altrimenti non sarebbe scienza, ma fede: qualsiasi acquisizione della scienza viene sempre, costantemente, messa sotto il torchio della ricerca, tesa a confutare l’acquisizione stessa. E non deve sorprendere che spesso siano proprio i sostenitori di una certa tesi a cercare la prova contraria: è proprio dal fallimento delle possibili falsificazioni che una teoria scientifica prende forza. Il riscaldamento globale di origine antropica non fa eccezione e i modelli fin qui elaborati hanno calcolato la differenza tra il riscaldamento dovuto a fattori naturali e quello causato dall’uomo, concludendo che il peso dell’uomo è di gran lunga maggiore dei fattori naturali e ciò che potrebbe farci fare la fine dei dinosauri.
Perché questo argomento torna in auge proprio ora? Appare sin troppo evidente la coincidenza con la marcia indietro sul nucleare da parte di diversi Paesi industrializzati. I produttori di energia hanno bisogno di dimostrare che carbone, petrolio e gas sono innocui o quasi. Per farlo hanno bisogno di diffondere incertezza, dubbio, paure sui risultati della scienza. E’ sempre la solita solfa. L’Italia come gli USA, purtroppo, è sensibile ad argomenti del genere: basti ricordare che noi siamo con l’America l’unico Paese occidentale dove il governo ha tentato di introdurre il “disegno intelligente” nell’istruzione scolastica. Siamo anche il Paese dove una legge ha normato il fine vita sulla base dell’assunzione, contraria alla scienza, che l’alimentazione artificiale non è un trattamento medico. Cercando su Google Italia “anthropogenic global warming” (la dizione con cui in genere i critici si riferiscono all’ACC) i risultati provenienti da siti negazionisti sono molte migliaia. Vi sono interi blog dedicati all’argomento, tra cui il più attivo è il sito climatemonitor.it, tenuto da alcuni blogger vicini al PdL. Questo dà una misura di quanto sia pericolosa la campagna che vedremo presto partire in grande stile sui giornali d’area berlusconiana, sui blog fintamente “terzisti” e sulle tv, approfittando ovviamente di “questo strano luglio troppo fresco”.
Guido Iodice
Articolo tratto dal sito di Sinistra Ecologia Libertà
http://www.sinistraecologialiberta.it

venerdì 29 luglio 2011

Intervista a Nichi Vendola su "La Repubblica" 29/07/2011

ARTICOLO: QUANDO LA POLITICA È DEBOLE…

Autore: redazione
Intervista a Nichi sulla questione morale, a cura di Giovanna Casadio, pubblicata su Repubblica di oggi.
ROMA - “Talvolta ho schifo sia del fango che della macchina del fango…”. Nichi Vendola, il leader di Sel, va all´attacco sulla questione morale, che preferisce chiamare “la questione politica di questo paese, perché quando la politica è debole prendono la scena corrotti e corruttori”. 
Il Pd è nei guai giudiziari: molto fango sul partito di Bersani, o semplicemente le inchieste su Penati, Tedesco, Pronzato hanno qualche fondamento?
“Le inchieste svelano il fango che c´è dentro tutti i sistemi di potere, che scorre nelle vene della politica quando diventa povera di passioni ed è avvelenata dalle lobby e dai trafficanti di consenso. Vorrei non mettere esclusivamente sulle spalle di un partito una questione che interroga tutti noi, visto che a 20 anni da Tangentopoli, come nel gioco dell´oca, torniamo alla casella di partenza. Se ai tempi di Mani pulite la corruzione definiva una sorta di patologia, oggi l´impressione è che siamo dinanzi alla fisiologia del sistema politico innervato di corruttela e affarismo”.
Lei fa di tutta l´erba un fascio?
“Parlo del centrosinistra, di tutti noi, con un´avvertenza: per noi non vale e non può valere la parabola evangelica del “voi guardate la pagliuzza nel nostro occhio invece della trave nell´occhio del centrodestra”, perché penso che i fenomeni di pubblica immoralità non si possono pesare, non hanno una gerarchia. Il punto è: la questione morale è o no una grande questione politica, che ha a che fare con la fragilità costitutiva della nostra borghesia? Siamo di fronte a una sorta di “mucillagine” istituzionale e la politica è spiazzata. Il ceto politico è un insieme di negoziatori di interessi localisti, lobbistici, corporativi. Se la politica si organizza come mercato elettorale, allora la compravendita si potrà fare in Transatlantico, in quello che è diventato il paese di Scilipoti”.
Tuttavia, Bersani fa bene a minacciare una class action degli iscritti contro la macchina del fango sul Pd?
“Capisco la difficoltà che vive il Pd in questo momento e anche il sentimento di assedio che si riverbera nelle parole di Bersani. Però credo che bisogna evitare di imboccare le scorciatoie, o di offrire rappresentazioni complottistiche: il problema c´è ed è gigantesco, chiama in causa la nostra capacità di rinnovamento”.
La diversità della sinistra è quindi perduta?
“Esiste, se la sinistra è capace di denunciare l´immoralismo di una classe dirigente che fa operazioni di vera macelleria sociale. La diversità vive in un programma in grado di ribaltare quella incredibile coazione a impoverire i poveri e arricchire i ricchi. La questione morale è questione politica e sociale. Si dice che la politica è una casta, più che altro rischia di essere la guardiana degli interessi di tante caste. Solo lo 0,7% degli italiani denunciano redditi superiori a 100 mila euro all´anno, ma basta affacciarsi nei porticcioli per avere un´idea sommaria ma efficace di quanta ricchezza e lusso ci siano, senza rispondere a un dovere di solidarietà e di austerità”.
Non trova imbarazzante il “caso Tedesco”, che è stato ex assessore della sua giunta in Puglia?
“Oggi quella vicenda è consegnata alle aule giudiziarie. Ma tempeste giudiziarie hanno riguardato la sanità piemontese e quella lombarda. L´organizzazione della sanità è il più gigantesco luna park affaristico-corruttivo del nostro paese”.
Ha detto di volersi ritirare da questa politica che non le piace: ci ha ripensato?
“Sono entrato in politica subendo il fascino di Enrico Berlinguer: non mi sento un uomo in carriera e talvolta ho schifo sia del fango che della macchina del fango, e ci sono momenti in cui viene voglia di evadere. Ma non abbandono la battaglia politica. Non è una marcia indietro la mia rispetto a quanto detto. Però voglio combattere i miei avversari senza bisogno dello sputo, provando a rispettarne l´umanità. Il centrosinistra deve costruire un´offerta politica contro i ladri, una grande alternativa di valori, il racconto di un´Italia migliore fondata sulle virtù civiche e i beni comuni”.
Da "La Repubblica 29/07/2011
postato da Paolo Gonzaga

Il buco della Moratti

 


Comunicazioni

22 luglio 2011

Addizionale Irpef e Biglietto dell'autobus. Non si faccia propaganda, ma si ami Milano


Quando si sono aperti i libri contabili del Comune di Milano, toh, il regalo e la dote della Moratti: 184 Milioni di Euro di buco.
Entro il 31 Agosto Milano deve garantire entrate altrimenti va in default. Che significa non ricevere più fondi statali e bloccare l'erogazione di servizi essenziali.
E' la vergogna delle amministrazioni di centrodestra a cui tocca mettere una toppa.
E che fare?
Sull'Ici non si può intervenire, recupero dell'evasione non si può ascrivere a bilancio, come per vendite non ancora effettuate (come le quote di Serravalle, per fare un esempio a caso).
E' necessario, per salvaguardare Milano fare un operazione: applicare l'addizionale Irpef dello 0.2%.
E che significa?
Che i Milanesi che guadagnano più di 26.000 Euro l'anno pagheranno di media 60 Euro all'anno per garantire a Milano di esistere.
E' la più bassa addizionale d'Italia (Roma ha lo 0.9 tanto per dire) e toccherà solo chi guadagna dal benino in su.
Non sono contento, ma è una misura necessaria.
Da milanese l'accetto, con il dispiacere di vedere Milano costretta a questo.
C'è un altro nodo: l'autobus.
Milano fino ad oggi è stata la città col biglietto urbano più basso rispetto all'Europa, ma con gli abbonamenti in media nazionale.
Da sempre disincentivato l'abbonamento.
L'aumento del biglietto a 0.5 permetterà di avere servizi migliori e di salvare anche ATM, che non se la passa bene dopo che la regione Lombardia di Formigoni ha tagliato 42 milioni di Euro per il trasporto milanese.
Ma nel frattempo gli abbonamenti rimarranno invariati.
Incentivare gli abbonamenti è la politica di tutti i paesi civili. Nel frattempo il tempo di validità del biglietto passserà da 75 minuti a 90. Gli anziani sotto un certo reddito ne saranno esenti, i giovani fino a 26 (a prescindere se studenti o meno) avranno prezzi stracciati.
Chiunque da oggi userà questa minima manovra per farsi propaganda e pubblicità, per me sarà un ipocrita.
Per guadagnare qualche voto, mettere in discussione la propria città e i suoi servizi non è la soluzione a nulla.
I milanesi lo capiranno. Ne sono certo. Ricorderanno la pessima amministrazione che oltre a tagliare i fondi per i servizi sociali, non ha investito in nulla.
E rideranno di coloro che, per meschini interessi di visibilità, di convenienza e di pura propaganda, urleranno e sbraiteranno contro gli interessi della città.

Luca Gibillini
Consigliere Comunale di SEL

Articolo pubblicato il 22/07/2011 su: 

http://www.sinistraecologialiberta.it/ 


p.s. : Oggi 29 Luglio, ci giunge la buona notizia sull'applicazione e sull'esenzione dell'addizionale Irpef che é andata molto meglio di come si temeva: l'esenzione dall'addizionale Irpef non é più per i redditi sopra i 26.000, ma ne saranno esentati i redditi sino a 33.500, come ci anticipava esprimendo una sua opinione, la bravissima Patrizia Quartieri in un incontro con iscritti e simpatizzanti di Sel in Zona 2. Un ulteriore segno della saggezza di questa giunta, perché nella fascia tra i 26.000 e i 33.500 euro c'è un mondo di onesti lavoratori, che pagano le tasse fino in fondo e che certo non se la passano bene. Diciamo che quindi la tanto detestata aliquota si risolve che i milanesi che guadagnano più di 33.500 euro dovranno pagare una sessantina d'euro...
Paolo Gonzaga
SEL Zona 2

postato da Paolo Gonzaga il 29/07/2011

giovedì 28 luglio 2011

Altramanovra





Basta missioni militari: con quei 4 miliardi asili e parchi giochi

   |     |   13 commenti
La recente manovra economica del governo ha messo in ginocchio il sistema delle autonomie locali e il taglio di 9 miliardi si scaricherà sui cittadini con la cancellazione di sevizi essenziali, tagli alle politiche ambientali,aumento della tassazione locale. Una contraddizione inaccettabile se la mettiamo in relazione con l’aumento delle spese militari e i costi delle missioni militari.
La morte del 41 militare italiano in afghanistan ci aggiorna il conto umano inaccettabile di queste guerre . Bisogna riprendere l’iniziativa politica e sociale di sel ed aggrdire il nodo manovra economica – costi delle missioni militari – tagli ai servizi locali lanciando una vera e propria campagna di mobilitazione capace di coinvolgere tutti i gli amministratori locali di SEL.
Per questo il 17 settembre nell’ambito della festa regionale di SEL a Firenze abbiamo convocato una grande iniziativa di tutti i consiglieri comunali, provinciali, regionali di SEL per una giornata di discussione e di lotta contro la manovra economica, le spese militari e per rilanciare un nuovo modello di welfare municipale ed economia ecologica del territorio per uscire dalla crisi e riconquistare la speranza ne futuro.
Paolo Cento